Sanità molisana: da anno della ripresa al “pacco” di natale

Questo 2016, a detta degli addetti ai lavori e dei responsabili dei processi amministrativi, doveva essere l’anno in cui la sanità regionale maturava una serie di scelte programmatiche che l’avrebbero condotta in una dimensione ottimale. Noi, dopo le iniziative UIL, tra cui quella che vide anche la presenza di Carmelo Barbagallo a Campobasso e durante la quale un po’ tutti parevano esser d’accordo su alcune nostre idee e pronti a mettere mano alla sanità, immaginavamo che avremmo assistito a un qualcosa di positivo, che proiettasse in avanti i servizi sanitari ai cittadini.
E’ stato l’anno in cui il Commissario ed i nostri Parlamentari sedevano assieme, allo stesso tavolo, per illustrare tanti buoni propositi, tra cui una “saggia” integrazione tra Cardarelli e Cattolica.
E’ stato l’anno in cui sono nati diversi Comitati e organismi autonomi e spontanei che gridavano e manifestavano per una sanità pubblica migliore, che oggi sembra abbiano affievolito la loro vivacità.
Insomma, un tema tenuto sempre caldo, giustamente sentito da tutti noi, prima di tutto fruitori del sistema sanitario e uniti dalla intenzione di salvaguardarne accessibilità e qualità.
Ma invece oggi, dopo mesi di dichiarazioni, promesse, smentite, precisazioni, ascoltiamo come, dal livello nazionale a quello territoriale, si usi sempre la stessa scorciatoia: quella dei “tagli lineari”, perpetrata attraverso la riduzione dei sevizi e delle prestazioni al cittadino.
E allora ci sembra ovvio rimarcare come, seguendo questa strada, inesorabilmente, le prestazioni della sanità saranno sempre inferiori, dopo la chiusura degli ospedali minori, il ridimensionamento e l’accorpamento di reparti, la riduzione delle prestazioni sul territorio, la riduzione dei budget alle strutture accreditate.
La sostenibilità del sistema sanitario continua a rappresentare la vera sfida della classe dirigente e politica, la più difficile. Siamo consapevoli che sulla situazione molisana gravano altri fattori che la appesantiscono e la rendono ancora più fragile, su tutti: il taglio al fondo sanitario nazionale e l’invecchiamento della popolazione residente, che è al di sopra della media nazionale.
La UIL ribadisce con forza che il problema della sostenibilità del servizio sanitario non è l’assistenza e la cura ai malati, soggetta a continui tagli, bensì è una questione strutturale. Il problema è l’ingovernabilità del sistema, gli sprechi, gli sperperi, le inappropriatezze e la mancata attuazione di un SISTEMA a rete UNICO integrato, a riferimento regionale, che tenga insieme pubblico e privato accreditato, il socio sanitario e la medicina sul territorio, attraverso una porta unica di accesso e l’attuazione dei principi di cooperazione-integrazione-condivisione.
In questi mesi abbiamo continuato ad assistere a dispersioni di fondi che ancora persistono, al sovra utilizzo della diagnostica, ad un elevato numero di prestazioni inappropriate e inefficaci, al sottoutilizzo della prevenzione, uniti a una marcata difficoltà amministrativa che determina un inadeguato coordinamento tra i vari livelli assistenziali.
Per la UIL, ancora una volta, bisogna riorganizzare il sistema in base alle esigenze del territorio. È inaccettabile la chiusura degli ospedali senza la reale riconversione e la contemporanea riorganizzazione della rete di assistenza sul territorio. È necessario garantire una sanità più vicina al cittadino e, allo stesso tempo, che punti all’efficienza e all’efficacia, invece che proseguire con tagli orizzontali che minano la qualità dell’assistenza, compromettono la salute delle persone e mettono in discussione centinaia di posti di lavoro.
Chiediamo che chi governa salvaguardi quanto di buono c’è in sanità, ed è parecchio, e che si prodighi in politiche strutturali e programmatiche ragionate e meno ragionieristiche. Certo, le strutture accreditate possono incrementare l’offerta di prestazioni a pagamento, ma ciò significa spingere sempre più verso un sistema di “mercificazione della salute”. Evitiamo che l’unica soluzione che resta ai Molisani per curarsi sia emigrare, cosa questa che aumenterebbe una già esosa mobilità passiva.
Siamo consapevoli che queste sono cose già dette e ridette, ma se le mettiamo ancora al centro della discussione un motivo ci sarà pure.
Ci aspettiamo, immediate risposte dal Commissario e da chi con chi lui gestisce il sistema sanitario, auspicando che tra i tanti numeri già sbandierati, venga fuori un progetto che guardi avanti. Di soli calcoli, onestamente, non si sopravvive.
Tecla Boccardo
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