Alcuni passaggi dell’intervento della Segretaria generale della UIL Molise, durante l’incontro organizzato dal Partito Democratico a Venafro per ragionare di macroregione.
“L’assetto delle istituzioni dello Stato e delle autonomie locali non è questione che riguarda soltanto i costituzionalisti o i politici.
Tutti noi abbiamo avuto modo di constatare che 8000 comuni in Italia sono effettivamente molti e che alcuni comuni al di sotto dei 500 abitanti rappresenteranno anche l’orgoglio dell’appartenenza di una comunità, ma si configurano anche come un problema di gestione politica, economica, con difficoltà di gestione dei servizi. Per questa ragione da molti anni a questa parte stiamo perseguendo l’obiettivo di una aggregazione fra comuni almeno dal punto di vista della gestione di alcuni servizi essenziali per la popolazione.
E poi non se ne può più dell’andazzo di dare tutti addosso alle piccole municipalità, magari tagliando contemporaneamente i trasferimenti pubblici, tranne poi, quando arrivano le emergenze, poter contare solo sulla capacità dei sindaci di gestire la popolazione e fare il pronto intervento.
Altrettanto da anni ci siamo occupati delle province fino a convincerci tutti della inutilità di questo Ente territoriale intermedio. Per cui: aboliamo le province, cioè, no, ripristiniamole, no, facciamo che i loro organi siano di seconda istanza e non di espressione popolare. Poi togliamo le competenze, tagliamo anche il personale. Tranne poi accorgersi che per mandare avanti le strade e le scuole altri soggetti non ce ne sono. Per cui marcia indietro su tutta la linea. E oggi le province sono in uno stato confusionale, con non chiari poteri, con difficoltà di gestione del personale, con difficoltà di equilibrio economico.
Nel dibattito in corso, si corre il rischio che, per quanto riguarda le regioni, avvenga più o meno lo stesso. Cioè che ci sia un certo accanimento nel dichiarare superate alcune competenze specifiche e, contemporaneamente, la pretesa di farsi devolvere dallo stato più poteri di quanti finora siano.
Capiamoci, è giusto ragionare di regioni e di attribuzioni, ipotizzare assetti diversi e poteri diversi. Questo non spaventa certo un Sindacato laico e riformista per definizione, com’è la UIL.
Secondo noi, ad esempio, sarebbe giusto domandarsi fino a che punto le regioni a statuto speciale hanno ancora oggi una logica nel contesto di un’Italia sempre più inserita nel contesto europeo. Quante regioni sarebbero capaci e disponibili ad autogestire buona parte dei contributi derivanti dalle tasse come fanno il Trentino, l’Alto Adige, il Friuli, la Sardegna la Sicilia o la Valle d’Aosta?
Chi non sarebbe pronto a discutere anche di poteri attributi al regioni e della capacità di queste Amministrazioni di farvi fronte, dopo che proprio in questi giorni, caratterizzati dal virus, ci si rende conto che 20 sanità regionali differenziate fra di loro sono più un peso che una opportunità ?
Anche perché, siamo davvero convinti che i calendari delle scuole differenziati siano un fattore di crescita e non un limite? Che le regole per le aperture dei centri commerciali diverse da regione a regione siano quanto davvero i cittadini hanno bisogno, che persino i saldi cadenzati in giorni diversi e che mille altre piccole questioni, su cui si esercita la tanto declamata autonomia e potestà decisionale, siano uno dei valori da preservare?
Con la stessa impostazione, aperta e problematica al tempo stesso, ci dobbiamo chiedere se le regioni soprattutto quelle di piccole dimensioni hanno senso ancora oggi e se non sarebbe meglio pensare ad unità amministrative e legislative che coprono porzioni di territorio più ampie e dimensioni di abitanti più cospicue.
Per questa via si può venire a ragionare di accorpamenti tra ragioni e anche di modifica dei poteri attribuiti ad ognuna di esse.
Con l’obiettivo di riconoscere autonomie e devoluzione certa e adeguata di poteri ma facendola anche finita con questo vestito di Arlecchino che ormai sta troppo stretto e non riesce nemmeno a rappresentare appieno le diversità territoriali o di impostazione politica, geografica, culturale della nostra Italia.
ULTIMA NOTAZIONE
SONO PERSONALMENTE, LA UIL DI QUA È, CONVINTAMENTE E INCONDIZIONATAMENTE, MOLISANA.
NO AD ACCORPAMENTI CON ALTRI CONTESTI DELLA NOSTRA ORGANIZZAZIONE, CHE PUR RISPETTIAMO, CI MANCHEREBBE.
ALTRI, ALTRE ORGANIZZAZIONI, ANCHE SINDACALI, HANNO FATTO SCELTE DIVERSE, RISPETTABILISSIME.
PER NOI, ESSERE MOLISANI VUOL DIRE ESSERE ORGOGLIOSI DELLE NOSTRE RADICI, CONSAPEVOLI DEI LIMITI MA IMPEGNATI A DISEGNARE UN FUTURO DI BENESSERE PER LE NOSTRE GENTI.
CHE SON CAPACI, COME TUTTE LE ALTRE, DI AUTOGESTIRSI, DI AUTOAMMINISTRARSI, DI FARE POLITICA. DI CONTRIBUIRE ALLA CRESCITA ED ALLA DIGNITÀ DELLA NOSTRA ITALIA”