“Qui si continua con la logica dell’uomo solo al comando, come se davvero si trattasse di una corsa ciclistica. Che ha come premio non la maglia, ma la patente di regione di colore giallo. Come se, invece, tutto intorno a noi, in Molise, non fosse un disastro” Scorata ma determinata al tempo stesso la Segretaria generale della UIL, Tecla Boccardo. Che argomenta: “Un fallimento annunciato quello che oggi è sotto gli occhi di tutti! Sono mesi che continuiamo a denunciare gli errori, abbiamo chiesto alle istituzioni di collaborare lealmente ma nessuno ci ha ascoltati, non è stata mai istituita la Commissione sicurezza, come previsto dal Protocollo di luglio. Sarebbe stato un importante segnale di collaborazione e utilizzo di competenze. Indispensabile strategia perché questa partita la si vince solo uniti, altrimenti il virus travolgerà tutto e tutti, anche la coesione sociale e l’armonia nelle famiglie, l’impegno nel lavoro.”
“Questa seconda ondata che colpisce anche il Molise – continua la sindacalista – evidenzia tutti i pericoli e le fragilità del nostro sistema. Ammalarsi in Molise era già un rischio prima del Covid, ora tra boom di contagi, focolai in case di riposo, carenza di medici e personale sanitario, nessuna strategia condivisa e convincente… è diventato una vera disgrazia. Faccio un breve ripasso: l’Ospedale di Campobasso di fatto ormai praticamente “chiuso” e trasformato in centro Covid, reparti che vengono sempre più compressi per far spazio a questi pazienti, il cui numero cresce di ora in ora. Il personale, storicamente sottorganico e super sfruttato, che ora mette a rischio la propria salute e quella dei familiari suoi, ormai allo stremo delle forze.”
Problemi che vengono da lontano, a parere della Boccardo. “Il nostro sistema sanitario, da anni in piano di rientro, non è in grado di garantire i livelli minimi di assistenza a partire dai territori. E, quando l’epidemia è arrivata, abbiamo registrato un intollerabile e ingiustificabile tempo perso nel prepararsi a questa seconda ondata e i ritardi nell’affrontare con piani efficaci l’emergenza Covid. Troppa attenzione, di chi se ne sarebbe dovuto occupare, a magnificare le proprie competenze e capacità di relazione con i palazzi romani, troppe inconcludenti comparsate in televisione. E allora: la scelta di non realizzare un ospedale Covid dedicato, nonostante le richieste della stessa maggioranza del consiglio regionale. Ora, con l’ondata dei contagi, si attendono due ospedali da campo per provare a reggere evitando il collasso, dare respiro ai reparti saturi, destinare altrove le ambulanze che sostano davanti ai Pronto Soccorso. Sperando che insieme alle strutture arrivino anche medici e paramedici per gestirle e, soprattutto, ossigeno e medicine per curare i malati. Meno male che c’è il personale sanitario e tutto il mondo del lavoro che gira attorno alla sanità che sta affrontando con grossi sacrifici l’emergenza, auto organizzandosi in assenza di qualcuno che programmi per bene. Meno male che ci sono i Sindaci, anch’essi lasciati da soli e con pochi strumenti ad affrontare questa emergenza,nelle loro comunità e al fianco dei cittadini che, altrove, non trovano né ascolto, né rispetto dei loro diritti.”
La leader sindacale non si meraviglia nemmeno della tanta attenzione dalla stampa e dalle televisioni nazionali: “Le ultime inchieste giornalistiche stanno evidenziando l’incapacità di gestione e i ritardi inaccettabili dell’emergenza sanitaria di un sistema sanitario da anni commissariato per arginare una voragine debitoria che, invece di diminuire, cresce. Da qui i tagli selvaggi di strutture, reparti, personale, interi ospedali – come Larino e Venafro – cancellati dal territorio per eliminarli dai bilanci. Spariti i medici di base e gli ambulatori territoriali. Da noi a crescere è stata solo la mobilità passiva, il debito e la preoccupazione dei cittadini.”
“E allora teniamoci la zona gialla, che tanto piace alla nostra politica come se fosse la patente di buona amministrazione, oculatezza, professionalità messe in campo nell’emergenza. Senza, per carità, occuparci della povertà che cresce, del crollo dei consumi, dell’andata in crisi di intere filiere produttive che erano (o avrebbero potuto essere) le nostre eccellenze, dal turismo alla ristorazione, dal commercio all’artigianato. Saracinesche abbassate che chissà se riapriranno mai, fallimenti di piccole e medie imprese, disagio anche di quelle più strutturate.”
Accusa finale: “Tutto questo non si vede da Via Genova, dai palazzi del potere trasformati in un fortino impenetrabile, pur di tenere fuori i lavoratori della Gam sempre più in pericolo, gli edili in stato di agitazione perenne, gli artigiani e commercianti alla canna del gas, gli stessi operatori della sanità stanchi di essere chiamati eroi e poi calpestati nei diritti, i pensionati che attendono una sanità di territorio e un supporto nella non autosufficienza, gli imprenditori che pure qualche idea di sviluppo economico l’avrebbero. Fuori c’è il disagio, la preoccupazione, la sofferenza. Dentro qualcuno ha messo in fresco la bottiglia di spumante perché sia pronta per Natale e per gli auguri per l’anno entrante. Ma che ci sarà mai da festeggiare…”
Boccardo scuote la testa.