La piaga dei femminicidi registra il più alto tasso in Abruzzo. Molise, Valle d’Aosta e Basilicata hanno tasso zero.
“Il 25 novembre si celebra la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, quest’anno maggiormente sentita dopo la recente, straziante vicenda di Giulia Cecchettin.
L’efferato assassinio di Giulia ha acceso, più di altri, potenti riflettori sul triste fenomeno dei femminicidi. Giulia aveva sogni e progetti che stava realizzando. Giulia, con i suoi 22 anni, aveva capito e scelto che Filippo non avrebbe fatto parte del suo futuro. Filippo diceva di non poter vivere senza Giulia. Ma in realtà pensava che Giulia non avesse diritto di vivere senza di lui. Filippo infatti è vivo, Giulia, invece, è morta. Giulia ha avuto pietà per Filippo, ma Filippo, senza pietà, l’ha uccisa. L’ennesima vittima di un falso amore, l’ennesimo sacrificio di una donna che ha creduto di essere libera di poter scegliere della sua vita. C’è qualcosa di diverso, però, questa volta nella reazione della società. Forse la sua faccia pulita e tenera, forse la sua giovane età, forse l’aver vissuto una settimana con il fiato sospeso nella speranza che questa volta il finale fosse diverso, che Filippo fosse davvero un bravo ragazzo. Poi la delusione devastante, la tragedia annunciata, il dolore, la rabbia.
Ma Giulia non è morta invano se è riuscita a scuotere anche le coscienze più sopite. Se le sue coetanee si stanno interrogando sui rapporti con i fidanzati. Se si stanno chiedendo se anche loro stiano vivendo un rapporto malato, in cui sono colpevolizzate, isolate, svalutate. Se sono libere di vestirsi secondo i propri gusti o di uscire con le amiche o di scegliere cosa studiare o dove lavorare. Se i papà e le mamme stanno riflettendo chiedendosi se ascoltano abbastanza i loro figli, se li conoscono veramente, se dicono troppi si e pochi no. Soprattutto se offrono il giusto esempio di vita nelle loro famiglie. Perchè il punto è proprio questo. La famiglia è il primo organismo di socializzazione dell’individuo. Il patriarcato nasce nella famiglia e li si alimenta e diventa cultura, tradizione. Un patriarcato aggrappato a se stesso e ai privilegi cui non vuole rinunciare. La violenza dell’uomo sulla donna per l’esercizio del potere. Ce lo ha mostrato bene Paola Cortellesi nel film “C’è ancora domani”, con la rappresentazione della condizione della donna. Un film che mostra una realtà che non appartiene ancora completamente al passato. I femminicidi sono infatti la punta dell’iceberg, ma ci sono ancora tante donne e famiglie che vivono nella violenza quotidiana, violenza che sarà perpetuata perché considerata normale. Ma l’amore, quello vero, non sa essere violento. L’amore, quello vero, vuole il bene dell’altro. La relazione amorosa dovrebbe essere come una danza, dove i ballerini si muovono osservando ciascuno i propri passi, ma in armonia e se questa si perdesse, se uno dei due andasse fuori tempo, allora ciascuno dovrebbe essere libero di cambiare musica e di continuare a ballare anche da solo.
Ben vengano le leggi più stringenti appena approvate sulla scia dell’onda di ribellione causata da questo brutale assassinio, purtroppo già diventato penultimo nella cronologia dei femminicidi. Ma l’inasprimento delle pene non sarà sufficiente a fermare la spinta alla distruzione, nel momento in cui la rabbia per la perdita del controllo su un essere considerato inferiore e di propria esclusiva proprietà, deputato a rappresentare un ornamento utile ad esaltare la propria apparente superiorità, a creare, come in uno specchio, l’immagine di un sé potente, inesistente persino ai propri occhi. La forma principale di prevenzione della violenza è la propagazione della cultura del rispetto, del controllo degli istinti primordiali, in tutti gli ambiti della società, familiari, scolastici e lavorativi. La violenza dovrebbe essere bandita dappertutto. Nelle famiglie, nelle scuole, nei posti lavoro. E dunque occorre parlare, comunicare il disagio, denunciare le violenze subite. L’omertà, la paura, non possono e non devono condannare a una vita grigia, triste, pesante come un fardello che non si vede l’ora di scaricare. L’antidoto contro la violenza è essere consapevole del proprio valore. Non abbassare la testa, non sottovalutarsi.
La vita è solo tua e nessuno, nessuno ha il diritto di togliertela o di renderla impossibile. Non sei un oggetto e non hai un padrone. Sei libera di amare e di non amare. Libera di scegliere chi amare. Non è colpa tua e non sei tu a essere sbagliata. Ormai non hai più scuse per sopportare. Parla, confidati, denuncia, SALVATI! Perché l’Amore non uccide!”
Carmela Amura
Responsabile Centro di Ascolto contro mobbing, stalking e tutte le violenze della Uil Molise