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Serve una rivoluzione ospedaliera? Probabilmente si

Medici e operatori in quarantena; serve una rivoluzione ospedaliera? Probabilmente si.

Per quanto i lavoratori stanno facendo fronte ogni giorno rispetto a questa situazione, con spirito di abnegazione ed enorme sacrificio, non possiamo più soffermarci e adagiarci solo sul loro sforzo, proprio perché non abbiamo contezza di come questa emergenza potrebbe evolversi.

Serve una adeguata e convinta modifica organizzativa per affrontare l’espansione del virus e per dare a tutti i pazienti il massimo delle cure nonostante la presenza del Coronavirus.

Vista la difficoltà anche logistica e strutturale, alla luce delle quarantena di interi reparti nei nostri nosocomi, l’idea di rimettere in campo alcune strutture ad oggi non valorizzate o dismesse, potrebbe rappresentare una soluzione per fronteggiare l’emergenza in tempi rapidi e in sicurezza.

Maggiore disponibilità di spazio permetterebbe di separare reparti e relativo personale per le diverse tipologie di infezioni, a vantaggio della sicurezza dei pazienti e di una più efficace razionalizzazione del servizio in considerazione dei tempi che si risparmierebbero rispetto ad esempio ai protocolli che prevedono il cambio vestiario dell’operatore che si sposta su patologie diverse, offrendo al paziente il massimo delle cure nonostante il Coronavirus.

Mentre la sola annunciata scelta di prolungare il turno di lavoro a 12 ore solo per gli infermieri di Campobasso, escludendo tutti gli altri operatori sanitari, non ci pare la soluzione migliore per fronteggiare l’emergenza o per garantire la sicurezza del personale.

Poi, se proprio si intende farlo, occorrerebbe far rispettare lo stesso protocollo e la stessa gestione di tutto il personale nei vari presidi della regione e integrare con altre misure.

Forse altro ancora dovrebbe esser fatto prima di questa scelta per tale obiettivo per contenere il contagio, come quella di limitare l’utilizzo del personale dei servizi integrati, i cd. “camminatori”, su più reparti e più servizi o di separare gli spogliatoi per quel personale più a rischio, oggi usati promiscuamente.

La motivazione di questo prolungamento orario sarebbe orientata, a detta dell’Azienda, alla riduzione del rischio di contagio, ma non vediamo in questa singola attività una soluzione efficace, almeno così impostata, special modo perché ad oggi pare mancare proprio il personale sufficiente per garantire la turnazione e la copertura dei turni. E poi, non esiste un’ora “X” per il contagio.

Sul piano dell’efficientamento, l’eventualità di una programmata e temporanea sospensione o accorpamento di alcuni reparti oppure il loro spostamento in altri centri, potrebbe liberare unità di personale da impiegare sul fronte dell’emergenza.

Come tutte le Regioni stanno facendo, urge chiedere finanziamenti al Governo per mettere in campo tutte le misure utili al contenimento dei contagi e alla gestione dei casi, qualora dovessero cominciare a moltiplicarsi.

E in capo a tutte, sicuramente rivendicare la possibilità di assumere nuovo personale e acquistare mezzi di trasporto idonei, come le “ambulanze a decompressione”, anche a valere sulle risorse stanziate dal Governo sull’emergenza, non trincerandosi dietro alle solite problematiche economiche che oggi possono essere superate.

Questa fase di incertezza potrebbe trasformarsi da difficoltà in opportunità per riorganizzare il sistema sanitario e superare i tanti limiti che da sempre evidenziamo ma che oggi stanno venendo prepotentemente a galla.

5 marzo 1950 – 5 marzo 2020

Giusto 70 anni fa, 253 delegati portatori di comuni idealità, riuniti a Roma, nella “Casa dell’Aviatore”, davano vita all’Unione Italiana del Lavoro.

70 anni fa nasceva la UIL: un’organizzazione moderna, democratica, indipendente, laica e riformista.

Auguri a tutti noi che con grande passione e coraggio, portiamo avanti i valori del nostro sindacato, contribuendo a garantire la democrazia nel nostro paese.

Una UIL che ha aperto le porte al nostro piccolo territorio accogliendo lavoratrici, lavoratori e, più in generale, tutti i cittadini.

70 anni di storia, 70 anni di futuro

Buon compleanno UIL!

Sempre pronti al confronto. Tecla Boccardo all’incontro organizzato dal PD a Venafro per ragionare di macroregione

Alcuni passaggi dell’intervento della Segretaria generale della UIL Molise, durante l’incontro organizzato dal Partito Democratico a Venafro per ragionare di macroregione.

“L’assetto delle istituzioni dello Stato e delle autonomie locali non è questione che riguarda soltanto i costituzionalisti o i politici.

Tutti noi abbiamo avuto modo di constatare che 8000 comuni in Italia sono effettivamente molti e che alcuni comuni al di sotto dei 500 abitanti rappresenteranno anche l’orgoglio dell’appartenenza di una comunità, ma si configurano anche come un problema di gestione politica, economica, con difficoltà di gestione dei servizi. Per questa ragione da molti anni a questa parte stiamo perseguendo l’obiettivo di una aggregazione fra comuni almeno dal punto di vista della gestione di alcuni servizi essenziali per la popolazione.

E poi non se ne può più dell’andazzo di dare tutti addosso alle piccole municipalità, magari tagliando contemporaneamente i trasferimenti pubblici, tranne poi, quando arrivano le emergenze, poter contare solo sulla capacità dei sindaci di gestire la popolazione e fare il pronto intervento.

Altrettanto da anni ci siamo occupati delle province fino a convincerci tutti della inutilità di questo Ente territoriale intermedio. Per cui: aboliamo le province, cioè, no, ripristiniamole, no, facciamo che i loro organi siano di seconda istanza e non di espressione popolare. Poi togliamo le competenze, tagliamo anche il personale. Tranne poi accorgersi che per mandare avanti le strade e le scuole altri soggetti non ce ne sono. Per cui marcia indietro su tutta la linea. E oggi le province sono in uno stato confusionale, con non chiari poteri,  con difficoltà di gestione del personale, con difficoltà di equilibrio economico.

Nel dibattito in corso, si corre il rischio che, per quanto riguarda le regioni, avvenga più o meno lo stesso. Cioè che ci sia un certo accanimento nel dichiarare superate alcune competenze specifiche e, contemporaneamente, la pretesa di farsi devolvere dallo stato più poteri di quanti finora siano.

Capiamoci, è giusto ragionare di regioni e di attribuzioni, ipotizzare assetti diversi e poteri diversi. Questo non spaventa certo un Sindacato laico e riformista per definizione, com’è la UIL.

Secondo noi, ad esempio, sarebbe giusto domandarsi fino a che punto le regioni a statuto speciale hanno ancora oggi una logica nel contesto di un’Italia sempre più inserita nel contesto europeo. Quante regioni sarebbero capaci e disponibili ad autogestire buona parte dei contributi derivanti dalle tasse come fanno il Trentino, l’Alto Adige, il Friuli, la Sardegna la Sicilia o la Valle d’Aosta?

Chi non sarebbe pronto a discutere anche di poteri attributi al regioni e della capacità di queste Amministrazioni di farvi fronte, dopo che proprio in questi giorni, caratterizzati dal virus, ci si rende conto che 20 sanità regionali differenziate fra di loro sono più un peso che una opportunità ?

Anche perché, siamo davvero convinti che i calendari delle scuole differenziati siano un fattore di crescita e non un limite? Che le regole per le aperture dei centri commerciali diverse da regione a regione siano quanto davvero i cittadini hanno bisogno, che persino i saldi cadenzati in giorni diversi e che mille altre piccole questioni, su cui si esercita la tanto declamata autonomia e potestà decisionale, siano uno dei valori da preservare?

Con la stessa impostazione, aperta e problematica al tempo stesso, ci dobbiamo chiedere se le regioni soprattutto quelle di piccole dimensioni hanno senso ancora oggi e se non sarebbe meglio pensare ad unità amministrative e legislative che coprono porzioni di territorio più ampie e dimensioni di abitanti più cospicue.

Per questa via si può venire a ragionare di accorpamenti tra ragioni e anche di modifica dei poteri attribuiti ad ognuna di esse.

Con l’obiettivo di riconoscere autonomie e devoluzione certa e adeguata di poteri ma facendola  anche finita con questo vestito di Arlecchino che ormai sta troppo stretto e non riesce nemmeno a rappresentare appieno le diversità territoriali o di impostazione politica, geografica, culturale della nostra Italia.

ULTIMA NOTAZIONE

SONO PERSONALMENTE, LA UIL DI QUA È, CONVINTAMENTE E INCONDIZIONATAMENTE, MOLISANA.

NO AD ACCORPAMENTI CON ALTRI CONTESTI DELLA NOSTRA ORGANIZZAZIONE, CHE PUR RISPETTIAMO, CI MANCHEREBBE.

ALTRI, ALTRE ORGANIZZAZIONI, ANCHE SINDACALI, HANNO FATTO SCELTE DIVERSE, RISPETTABILISSIME.

PER NOI, ESSERE MOLISANI VUOL DIRE ESSERE ORGOGLIOSI DELLE NOSTRE RADICI, CONSAPEVOLI DEI LIMITI MA IMPEGNATI A DISEGNARE UN FUTURO DI BENESSERE PER LE NOSTRE GENTI.

CHE SON CAPACI, COME TUTTE LE ALTRE, DI AUTOGESTIRSI, DI AUTOAMMINISTRARSI, DI FARE POLITICA. DI CONTRIBUIRE ALLA CRESCITA ED ALLA DIGNITÀ DELLA NOSTRA ITALIA”

 

In mobilitazione per l’Unilever, ma anche per svegliare le coscienze

Un’intera comunità in cammino, questa mattina a Pozzilli. Lavoratori e autorità amministrative locali, studenti e pensionati, militanti sindacali e operatori della comunicazione.

Perché difendere l’insediamento, in questo territorio, di questa storica e solida fabbrica è certamente interesse di chi ci lavora e di chi lavora nell’indotto. Ma è anche l’obiettivo di tutti coloro che qui abitano, che sanno bene che quando una fabbrica chiude c’è solo qualche ammortizzatore locale e c’è la sopravvivenza a fatica delle famiglie, la fuga dei giovani, la disperazione.

Ma con la manifestazione non si vuole solo tenere alta l’attenzione rispetto agli incontri romani, non si punta solo a richiamare l’azienda al suo dovere di chiarezza e alla sua responsabilità sociale. Si vuole anche evidenziare quanto sia necessario avere un’idea, un progetto di sviluppo economico e obiettivi chiari per l’occupazione, per la creazione di ricchezza attraverso le attività manifatturiere e per la salvaguardia della coesione sociale.

Da questo impegno di elaborazione e impostazione di una seria politica a favore del Molise e delle sue genti nessuno si può chiamare fuori, né il sindacato né le altre forze sociali, né i governanti molisani né l’opposizione in consiglio regionale, nemmeno le generazioni più giovani con gli operatori della cultura e della comunicazione.

Se oggi per l’Unilever siamo in molti, ancora di più dovremo essere nei momenti di confronto e di coinvolgimento per il “Progetto Molise” che da tempo noi, e non soltanto noi per la verità, pretendiamo.

Apertura di un recapito della UIL Molise a Pietrabbondante

UNA PRESENZA SINDACALE SUL TERRITORIO È SEMPRE UN PRESIDIO DI DEMOCRAZIA

Apertura di un recapito della UIL Molise a Pietrabbondante.

Grande accoglienza e disponibilità da parte del Comune e del Sindaco in prima fila, che ha messo a disposizione locali funzionali e attrezzati. Molti gli abitanti, presenti all’evento, di questa bella realtà montana che soffre un po’ di isolamento e di abbandono da parte dei tanti giovani che vanno a vivere lontani dei loro affetti e alla ricerca di qualche opportunità di lavoro e di vita dignitosa.

Proprio a loro offre i propri servizi qualificati il nostro sindacato: dall’assistenza del Patronato per le pensioni ed i diritti sociali, alla tutela in occasione delle dichiarazioni dei redditi, dalla promozione dei diritti dei consumatori alla consulenza in materia di lavoro.

Quando lo Stato si ritira dal territorio, quando le istituzioni regionali sembrano lontane, il nostro sindacato si avvicina alle persone, offre servizi, ascolta e si fa carico dei loro problemi.  Ed ognuno che accederà al nostro recapito potrà ricevere informazioni, dire la sua, partecipare, sentirsi meno solo e sempre più parte della nostra società.

Qui a Pietrabbondante la presenza del sindacato sarà garantita anzitutto dalla categoria dei metalmeccanici e dai suoi militanti. Qui si alterneranno Donato Giuliani, Carmine Battaglia, Pierangelo Di Pasquo, dirigenti sindacali UIL con solidi legami in loco; ma soprattutto Veronica, una ragazza che già ha fatto un percorso dentro il nostro sindacato in contatto con tanti altri giovani, qui sperimenterà in prima persona cosa vuol dire volontariato e militanza, attenzione ai problemi delle persone e solidarietà.

Ancora grazie al Sindaco e all’Amministrazione e ai dirigenti UIL, che questa apertura di un recapito a Pietrabbondante l’hanno prima intuita, poi sostenuta, poi resa praticabile e attiva.

Riflessioni di fine anno della Segretaria generale della UIL Molise, Tecla Boccardo

Probabilmente una delle cose più complicate da elaborare è la sintesi di un anno che racchiuda al proprio interni gli avvenimenti maggiormente determinanti per una intera regione, che riguardino i servizi al cittadino, l’economia, il sociale, l’ambiente.

Mettere “in fila”, dunque, una serie di argomenti così diversi ma così vicini tra loro, ci impone una riflessione che provi a intersecare tra loro questi aspetti. Però, se proviamo a mettere al centro di un discorso la qualità della vita, le aspettative, quanto si riceve in cambio delle tasse pagate, il quadro comincia a essere più chiaro.

Senza far ricorso ai numeri, sciorinati e declinati in ogni modo possibile, forse è più utile guardare il nostro Molise, oggi, nel suo complesso, magari lanciando indietro lo sguardo a qualche mese fa. E allora, cosa è cambiato? O meglio, cosa ci aspettavamo sarebbe dovuto cambiare?

Alla prima domanda la risposta è poco o nulla, alla seconda è tanto.

Chiudiamo un anno, ancora una volta, tra tante difficoltà, problemi irrisolti, tanti posti di lavoro andati persi, tanti pazienti curati fuori regione, tanti morti sul lavoro, pensionati sempre più poveri, potere d’acquisto dei cittadini sempre più basso, mobilità territoriale ai minimi, vertenze (piccole o grandi che siano) insolute se non concluse con chiusure definitive.

E cosa ci aspettavamo? Che qualcosa cambiasse o, perlomeno, che migliorasse un pochino.

E non faccio riferimento alle “tradizionali” vertenze che ormai sono diventate esperimenti per la concessione di ammortizzatori sociali. Il cambio di passo che, da cittadina prima di tutto, avrei voluto vedere era su un’impostazione nuova e diversa delle politiche sociali ed economiche, attraverso cui davvero rimettere in moto la nostra economia locale. Qualche intervento convinto e, perché no, un po’ incosciente, ma che avesse preso di petto un qualsiasi settore con azioni forti. Lo si è provato a fare con il turismo, con un sistema centralizzato di governance del settore e siamo in attesa di capire quali saranno i risultati raggiunti.

Un progetto politico, però, che componga il puzzle non lo vediamo ancora. Viviamo ancora in un limbo progettuale piuttosto disordinato, in cui i singoli amministratori viaggiano in autonomia, non mettendo a sistema le risorse, anzi, piuttosto chiudendo in camere stagne le proprie poste di bilancio, con un risultato purtroppo chiaro: siamo fermi. Siamo fermi perché  se taluni comparti che godono di economie importanti e derivanti da diversi fondi, le vedono reinvestite in una sorta di “autoconservazione del settore”, senza aprirsi al “resto del mondo”, c’è poco c’è sperare.

Dunque, chi opera nell’economia reale, quella piccola e micro, si trova a fare i conti con tutti i problemi del momento, ma senza opportunità o sostegni perché in Molise, ognuno guarda per sé.

Immaginiamo le migliaia di artigiani, le imprese edili, i commercianti, i lavoratori autonomi in genere: loro sono un importante pezzo del motore economico ma sono lasciati ai margini, con tassazioni sempre più forti, pochi servizi e un mercato su cui operano sempre più povero.

Tanto premesso, al netto di grandi industrie in difficoltà e gestite dall’estero che minacciano delocalizzazioni, aziende in perenne crisi, autonomi e precari in affanno, chi resta? Ancora tanti, perché in Molise il pezzo forte è composto da dipendenti pubblici, insieme a quelli delle partecipate e alle centinaia di collaboratori sparsi in giro. Loro, quella marea silenziosa, spesso tacciata di immobilismo e “nullafacenza” ma che con fatica e stipendi spesso da fame porta avanti i servizi ai cittadini, spesso senza neppure la carta per stampare. 

Dunque, fatti i doverosi distinguo tra “pubblici e privati” una cosa ci accomuna tutti: i servizi essenziali, che paghiamo con le nostre tasse, sempre più alte. E di che qualità sono, questi servizi?

La nostra sanità, diventata ormai esclusivamente terreno di scontro politico su che debba gestirla, mentre chiudono reparti negli ospedali, diminuisce il personale, i concorsi vanno deserti, le stabilizzazioni sono rallentate, le comunità periferiche emarginate.

E i nostri trasporti? Alla luce anche degli ultimi accadimenti in Consiglio regionale, è chiara la confusione che regna sovrana. E anche nelle relazioni con i gestori del trasporto ferroviario e su gomma, nulla è cambiato.

Il nostro sistema scolastico e della formazione avranno prima o poi qualcuno che se ne occupi? Sembra di essere tornati indietro di decenni, senza una programmazione che guardi alle crescita delle competenze dei nostri ragazzi, magari mettendo in competizione chi se ne occupa, evitando la solita pioggia di risorse, un tanto a testa.

Non v’è traccia di politiche sociali, di assistenza alle fasce deboli, di non-autosufficienza. I nostri pensionati, ormai in mobilitazione più dei metalmeccanici, la mattina sono in piazza per  rivendicare pensioni rivalutate, eque e dignitose; la sera devono sostenere le loro famiglie in difficoltà.

Gli appalti pubblici sono fermi, nonostante urga la messa in sicurezza complessiva del territorio, delle nostre strade-mulattiera, dei nostri viadotti, delle nostre scuole. E l’edilizia, silenziosamente, ha perso in un anno migliaia di addetti, senza contare l’indotto.

E il nostro territorio, di cui tanto ci vantiamo, lo stiamo curando a sufficienza? Si stanno mettendo in campo politiche ambientali che lo tutelino? A che punto è la differenziata, quanto sono inquinati i nostri fiumi, il nostro mare e la nostra aria? Se non preserviamo almeno questo, le aziende che operano nel turismo, nell’accoglienze e nella ristorazione, vedranno anche calare le presenze in quei pochi mesi in cui il Molise è meta turistica.

E non possiamo non riservare un dovuto riferimento a quanti tutto ciò lo raccontano, a chi ci dà voce e che quotidianamente, tra mille sacrifici, senza una riforma vera e sostenibile del settore, fa informazione.

Ma nonostante tutto, nonostante questa situazione a tratti drammatica, noi guardiamo avanti, magari ripartendo da quanto abbiamo a disposizione. E visto che a livello regionale poche sono le opportunità, speriamo che almeno quelle nazionali, come il Contrato Istituzionale di Sviluppo siano colte appieno dai nostri Comuni, a cui va il plauso di essere ogni giorno in trincea tra cittadini esasperati, enti superiori assenti, risorse modeste. Ripartiamo dalla loro forza e determinazione, con l’auspicio siano rapidi ma oculati nello spendere queste economie, magari con nuovo personale da stabilizzare e assumere con procedure concorsuali ormai avviabili.

Aspettiamo la ZES, poi, che dovrebbe dare respiro alla costa e a qualche area interna. Sull’Area di Crisi, come sempre detto, ci siamo spesi tantissimo, ma speravamo in altri risultati.

Di una cosa comunque sono convinta e lo sono ancor di più osservando come a livello nazionale le relazioni sindacali e industriali abbiamo ripreso forma: il sindacato confederale, le associazioni datoriali, le parti sociali e l’associazionismo restano un punto fermo per la politica, un nuovo e rinnovato faro. Tra qualche divisione nel merito, visioni ovviamente differenti su alcune questioni, NOI tutti siamo il punto fermo REALE della società. La politica ai suoi massimi livelli sta provando a ridisegnare un nuovo perimetro con all’interno queste componenti e qualche risultato è innegabilmente sotto gli occhi di tutti. E anche in Molise, qualcosa di simile sta accadendo, con le dovute attenzioni e con il giusto approccio.

Il dialogo con noi resta fondamentale, non utile. A Roma lo hanno capito, a Bruxelles anche. Aspettiamo Campobasso.  

Buon anno,

Tecla Boccardo

Carmelo Barbagallo torna a Campobasso. Boccardo, “Il Sindacato in Italia è tornato al centro. Aspettiamo accada anche da noi”

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“Il sindacato è tornato a essere protagonista nelle discussioni e nelle scelte che la politica è chiamata a prendere in una fase storica particolarmente complessa e importante per il futuro del nostro Paese.”

Così Tecla Boccardo, Segretaria generale UIL Molise.

“Il contributo che insieme a CGIL e CISL si sta offrendo sui tanti tavoli di crisi aperti, sui rinnovi contrattuali e sulla manovra fiscale è sotto gli occhi di tutti e, in alcuni casi, riscontriamo anche un positivo accoglimento delle nostre istanze rispetto alla paventata riduzione del cuneo fiscale e di un abbassamento delle tasse a pensionati e fasce  più deboli. Ovviamente la strada è lunga, ma si è iniziato perlomeno a discutere nel merito delle questioni con il Governo.

Di questo, ma anche delle problematiche che attanagliano quotidianamente il Molise, annuncia Boccardo, discuteremo con il Segretario generale della UIL, Carmelo Barbagallo, che tornerà a trovarci il prossimo 25 ottobre a Campobasso.”

 “Per l’occasione riuniremo il nostro Consiglio generale, organo di grande rappresentanza e con il quale creeremo un vivace confronto con Barbagallo, che resta particolarmente legato alla nostra terra e della quale continuamente chiede informazioni e ne segue le  vicende sui tavoli nazionali.

Avere in Molise il nostro Segretario generale, anche a capo della categoria dei pensionati,  rappresenta per noi un’occasione particolarmente apprezzata e che testimonia come nella nostra Organizzazione, anche i territori più piccoli siano attenzionati costantemente dai livelli più alti.”

 “Dunque, prosegue Boccardo, venerdì mattina, presso la Scuola Edile del Molise, la UIL Molise accoglierà il “suo Carmelo”, con il quale discuterà di fisco, previdenza, manovra economica, ma anche delle tante iniziative sindacali in corso e di quelle che a breve inizieranno rispetto ai settori o alle vertenze sulle quali il Sindacato non è soddisfatto. E non sono poche!”

Il Segretario generale della UIL , Carmelo Barbagallo, ai lavori del Consiglio Regionale della UIL Molise

MOLISE: Meritiamo Opportunità di LAVORO, Investimenti strategici di qualità per lo Sviluppo sociale ed Economico.

L’evento che abbiamo deciso di mettere in campo, vedrà la partecipazione della Segretaria generale della UIL Molise Tecla Boccardo e del Segretario generale della UIL Carmelo Barbagallo e sarà incentrato su un confronto di carattere politico sindacale e sul coinvolgimento dei delegati di base, dei militanti territoriali e dei componenti del Consiglio Confederale Regionale

BANDO DI CONCORSO – “Sicurezza sul lavoro e migrazione: ieri e oggi”

L’Associazione “Giuseppe Tedeschi” di Campobasso, dei Comuni e delle Province di origine dei lavoratori vittime di Monongah, l’Ufficio Scolastico Regionale per la Basilicata e per il Molise (USRBasilicata- USR Molise), la direzione regionale Inail della Basilicata e del Molise e l‘Anmil nazionale, patrocinati dal Comune di Matera e della Fondazione Matera 2019, nell’ambito delle attività istituzionali promosse per la divulgazione della cultura della prevenzione e sicurezza sul lavoro e delle iniziative previste per Matera Capitale Europea della Cultura 2019, indicono la prima edizione del concorso ” Sicurezza sul lavoro e migrazione: ieri e oggi” rivolto agli studenti degli istituti secondari di secondo grado della Regione Basilicata e della Regione Molise.

Bando concorso USR-INAIL-ANMIL 2019

Boccardo, UIL: “la crisi continua a mordere, ma chi se ne sta occupando?”

“Esplode la cassa integrazione a Campobasso: rispetto ai primi 5 mesi dello scorso anno, da gennaio a maggio 2019 si registrano incrementi della cassa integrazione in 41 Province. Nel capoluogo regionale del Molise +185%. Una situazione davvero preoccupante, della quale pare proprio che non vi sia consapevolezza da parte di chi dovrebbe occuparsene direttamente, anzitutto l’Assessore al Lavoro.” Questo l’amaro e scorato allarme lanciato da Tecla Boccardo, leader sindacale della UIL a commento di alcune elaborazioni dell’Ufficio studi nazionale sui dati INPS.

Si mantengono stabili, rispetto ad aprile, le ore di cassa integrazione autorizzate a livello nazionale a maggio (25,2 milioni di ore). Complessivamente, nei primi 5 mesi dell’anno in corso, la cassa integrazione registra 116,4 milioni di ore, in aumento dell’11,4% rispetto allo stesso periodo del 2018, contribuendo a conservare 137 mila posti di lavoro.

Con una cassa in deroga giunta ormai agli sgoccioli, l’attenzione della UIL nazionale viene riservata alle altre due principali gestioni. La cassa integrazione ordinaria, nel periodo gennaio-maggio 2019, subisce una flessione del 5,6%, a fronte di un marcato aumento della cassa integrazione straordinaria (+31,9%) che rispecchia le perduranti situazioni di crisi di importanti e grandi aziende del nostro Paese. Il tessuto produttivo che fa maggiore richiesta di cassa integrazione è situato nel Nord con 48,3 milioni di ore autorizzate a cui segue, a breve distanza, quello del Mezzogiorno con 40 milioni di ore, fino ad arrivare ai 28 milioni di ore del Centro.

L’83,1% delle ore complessivamente autorizzate nel periodo gennaio-maggio 2019, sono assorbite dall’Industria per un totale di 96,7 milioni di ore (ramo di attività che, a differenza degli altri in cui si riducono le richieste di cassa integrazione, registra una crescita del 30,6% rispetto allo stesso periodo del 2018), a cui segue l’edilizia (14,3 milioni), il commercio (5,2 milioni) e l’artigianato (circa 58 mila ore).

Ecco i dati molisani snocciolati dalla Segretaria generale: a maggio 26.128 ore autorizzate di cassa integrazione (7.000 a Campobasso, 19.000 a Isernia), quasi 500.000 ore autorizzate nei primi cinque mesi di quest’anno mentre erano 321.000 nel periodo corrispondente dell’anno passato, il che fa un incremento del 55 %; sono stati così salvaguardati 588 posti di lavoro, la gran parte dei quali in provincia di Campobasso.

Il commento della UIL Molise: “I dati, soprattutto quelli riferiti alla cassa integrazione straordinaria, mostrano che siamo in presenza di uno stato di forte sofferenza di una parte del nostro sistema produttivo ed occupazionale. Occorre fornire, a questi settori produttivi, non solo i necessari ammortizzatori sociali nei tempi di crisi, ma strumenti e politiche mirate alla crescita, competitività e sviluppo. Di tutto questo, come Sindacato, vorremmo parlare, in modo concreto con la Regione, ma il confronto, sempre promesso, non viene per nulla praticato. Ed i nostri lavoratori, e le aziende che attraversano un momento di crisi, attendono, tirano avanti a fatica con quel poco che danno gli ammortizzatori sociali. Ma la loro pazienza (ed anche quella del Sindacato) è giunta al limite.”